IL PRETORE Letti gli atti, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 31 agosto 1996 nel procedimento tra Annibaldi Daniele e il sindaco del comune di Guidonia nonche' il presidente della regione Lazio. Premesso che con ricorso ex art. 703 c.p.c. depositato il 26 agosto 1996, Annibaldi Daniele assumeva di essere titolare di una azienda agricola, denominata "Prato Rotondo" di 65 ha. sita in agro del comune di Guidonia; rappresentava che in virtu' della legge regionale 20 giugno 1996, n. 22, istitutiva del Parco naturale/archeologico dell'Inviolata in territorio di Guidonia-Montecelio, 35 ha. pari a piu' del 50% dell'estensione dei terreni su cui insisteva l'azienda da lui condotta, erano stati ricompresi nell'area del Parco, per cui sussisteva il fondato timore che gli venisse inibita ogni possibilita' di sfruttamento, attese le proibizioni previste dagli artt. 7 e 8 della citata legge. Che tale timore era divenuta concreta realta' avendo il sindaco del comune di Guidonia, nella sua qualita' di gestore del Parco, negato, con comunicazione dell'8 agosto 1996, l'autorizzazione ad impiantare un frutteto su di una area di tre ettari, proprio in virtu' di quanto previsto dalla prefata legge regionale. Riteneva il ricorrente che tale diniego era da considerarsi come turbativa del possesso dell'azienda agricola da lui condotta e limitativa, quindi, del suo diritto soggettivo di esercizio di impresa agricola, attese sia la illegittimita' costituzionale della legge regionale, perche' violativa dei precetti di cui agli artt. 3, 42, 81, 117 e 128 della Carta costituzionale, sia la incompatibilta' con quanto previsto dal Trattato di Roma istitutivo delle C.E.E. e successivo atto unico, in particolare in riferimento agli artt. 40 e 52 del Trattato. L'art. 117 della Carta costituzionale era stato violato sotto diversi aspetti: innanzitutto perche' con una legge regionale si era statuito in materia di beni archeologici, materia riservata, al contrario, allo Stato, cosi' come stabilito dall'art. 48, d.P.R. n. 6l6/1977. In secondo luogo perche' la potesta' legislativa regionale non si era esplicata "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato", avendo violato sotto diversi e piu' profili la legge quadro n. 394/1991: a) innanzitutto l'art. 1, secondo comma, che statutisce che un parco sia istituito per la protezione di "formazioni fisiche, geologiche, geormofologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale". Tali requisiti erano da ritenersi inesistenti qualora si poneva mente alla circostanza che la zona era da tempo immemorabile intensivamente coltivata e che nel parco era stata addirittura inglobata una discarica per rifiuti solidi urbani che si estendeva per 35 ha., condotta dalla s.r.l. Ecoitalia 87; b) ancora piu' evidente la violazione in quanto previsto dall'art. 22 della richiamata legge n. 394/1991: innanzitutto in riferimento al terzo comma, prescrivente che per la istituzione di parchi naturali regionali dovevano essere utilizzati "soprattutto demani e patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e di enti pubblici", mentre il parco per cui era processo insisteva soltanto su terreni appartenenti a privati, tra cui una discarica, senza che vi fossero ricompresi terreni demaniali. Di poi il 1 e 2 comma del prefato art. 22, essendo state disattese le disposizioni in tema di partecipazione degli enti interessati (nella specie il comune di Guidonia) al procedimentodi istituzione della area protetta. Sotto questo profilo, riteneva il ricorrente che era stato, altresi', violato dal legislatore regionale l'art. 128 della Costituzione in riferimento, sempre all'art. 117, in quanto il parco, avendo una dimensione comunale e non rispondendo ad un reale interesse o regionale o sovracomunale o sovraprovinciale si era tradotto in un illegittimo strumento diretto a disciplinare "l'assetto e la utilizzazione del territorio" del comune di Guidonia con usurpazione del potere a questo riservato, distorcendo le finalita' che si prefiggeva la legge n. 394/1991 nell'accordare alle regioni la potesta' della istituzione dei parchi regionali. Infine erano da ravvisarsi la violazione degli artt. 81 e 42 della Costituzione, non avendo previsto la legge regionale una copertura finanziaria adeguata (L. 100 milioni annui), sia per il funzionamento del parco sia per le espropriazioni di fatto gia' attuate sia da attuare nei confronti dei privati. Riteneva, peraltro, il ricorrente che la legge regionale piu' volte richiamata violasse i "Principi generali del diritto" di cui garantisce l'osservanza, la Corte di giustizia dell'Unione europea. Primi fra tutti i c.d. Diritti fondamentali: tra gli altri quelli concernenti la proprieta', l'impresa, la parita' di trattamento da parte delle Autorita' nazionali. La legge regionale n. 22/l996, aveva, infatti, da una parte, sostanzialmente espropriato aziende agricole insistenti in area parco, senza previsione di corresponsione di idonea indennita' ai soggetti espropriati. Dall'altra, attraverso le inibizioni previste dall'art. 7, aveva posto in essere un inammissibile discriminazione, in dispregio di quanto statutito dall'art. 40 del Trattato di Roma, istitutivo delle C. E. E. Tanto premesso richiedeva l'Annibaldi che il pretore in via provvisoria e urgente, ordinasse al comune di Guidonia, nella veste di gestore del Parco, di disapplicare la legge regionale n. 22/1996 e rimettesse gli atti alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia della Unione europea per le valutazioni di loro competenza in riferimento alle illegittimita' eccepite. Si costituivano il sindaco del comune di Guidonia e la regione Lazio eccependo in linea principale la inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione; subordinatamente la insussistenza dei presupposti della azione di manutenzione, non avendo, il sindaco di Guidonia, posto in essere qualsivoglia turbativa, essendosi limitato ad applicare quanto previsto e impostogli dalla legge regionale. All'esito il pretore si riservava di decidere. Tanto premesso, osservasi 1. - Devesi, preliminarmente, mandare disattesa l'eccezione relativa al difetto di giurisdizione del pretore adito sollevata dalle difese delle Amministrazioni resistenti, giacche' le censure dedotte da parte ricorrente attengono effettivamente a una ipotesi di turbativa del possesso che, ove effettivamente sussistente, non potrebbe che appartenere alla cognizione della AGO. La turbativa che si lamenta (in particolare quella gia' concretatasi nell'impedimento di impiantare un frutteto) non e', d'altronde, l'esito dell'esercizio di un potere discrezionale attribuito al comune di Guidonia da un atto normativo primario, bensi' la conseguenza diretta di una legge-provvedimento di fronte alla quale il comune medesimo ha dovuto agire senza poter neanche fondare la propria azione sulla scelta fra un minimo di opzioni possibili. Non solamente non esiste, dunque, un livello di discrezionalita' nell'esercizio della attivita' esercitata dal comune resistente nei confronti del ricorrente, ma la legge regionale sembra addirittura avere tolto all'Ente locale anche quel minimo di discrezionalita' che prima possedeva in materia di agricoltura, in base alla legislazione nazionale vigente. Nessuna legge nazionale attribuisce, tuttavia, ai comuni o alle regioni, il potere di intervento sulle attivita' agricole connesse alle facolta' inerenti l'esercizio delle relative imprese (cambiare culture, movimentare terreni, accedere con mezzi motorizzati ai fondi, ecc.); per cui la giurisdizione dell'AGO scaturisce - anche a prescindere da ogni considerazione in ordine alla disapplicabilita' degli atti pubblici illegittimi - in primo luogo dalla completa assenza di ogni effettivo potere discrezionale in capo al comune resistente (a proposito del consentire, o non consentire, il compimento di determinate attivita' agricole) e in secondo luogo dalla circostanza che il ricorrente lamenta la lesione di norme comunitarie che - come e' ormai ben noto - attribuiscono situazioni soggettive di diritto tali da imporre, a loro volta, ai giudici nazionali di disapplicare persino le leggi e gli atti con forza di legge che si rilevino in contrasto con le norme comunitarie stesse: su tali situazioni soggettive, dunque, la giurisdizione non puo' non appartenere al giudice ordinario (vedi Cass. civ. s.u., 29 novembre 1991, n. 12843 in giust. civ. Mass, 1991, fasc. 11; T.A.R. del Lazio, sez. II, 1 febbraio 1978, n. 31, in R.I.A.R.I., 1978, 991). 2. - Nel demerito ritiene il decidente che ogni decisione sulla presente domanda cautelare debba necessariamente essere assunta dopo la pronuncia degli organi giurisdizionali competenti a conoscere i profili di incostituzionalita' e di incompatibilita' con le regole del Trattato C.E.E., scaturenti dalle domande incidentali sollevate in merito dal ricorrente. Entrambe le questioni, infatti, nella prospettazione che ne e' stata data e alla quale si rinvia piu' partitamente ob relationem, risultano infatti assistite da quei requisiti di non manifesta infondatezza e rilevanza tali da imporre al giudicante di sollevare le relative questioni pregiudiziali meglio precisate nel ricorso in esame.